lunedì 11 luglio 2016

GENERAZIONE (incontro a cosa sei andata)

Strano non sia all'amore
dedicato l'ultimo pensiero,
all'ultima velleità dell'ardore

che oggi il vago ricordo rende vero.
E' mesto, invece. Inquisito
e inquisitore del raggiro, foriero

d'insoffribile rimorso mai sopito.

Incontro a cosa sei andata,
mia triste generazione dell'altrui
stesse colpe, così voluta e sperata

a schiarire infranti anni bui
e ti prostri, invece, a portar macerie.
A cosa, se ancora come fui

mi vedo, se capace di deleterie
gesta nella speranza di un segno
che non ti sarà dato. Miserie

e attesa, questo hai generato.

Scema e qui svanisce la voglia
di cambiare il mondo? Ti renda,
quel rimorso che di quiete ti spoglia,

meno sorda a chi ripose ammenda
nell'acculturarti la consapevolezza.
Loro, era la speranza stupenda

di figli capaci di nuova brezza.
Magnifica e futile generazione
sul tuo mare intorno d'immondezza.
I Rivoluzionari
(il saluto). Fummo invece lieti d'assaporarci il destino, al tessere una trama all'atto stabilito. Un bacio sottile sulle sopracciglia mi fu calore; specchi i suoi occhi, che rimandavano la fervida mia attesa di scomposta rivolta e mute, infine, le nostre labbra, cenere il loro silenzio che copriva il crepitio del focolare. Tra i mille abbracci, cinica eppure quella lacrima: nei suoi rivoli veloci vi lessi la mia fine.
(il viaggio). Seguimmo quindi le distanze, portandoci sulle sponde di quanto non avrei mai creduto, di sconosciute correnti. Pomeriggi piovosi allettarono l'udire di più anziani consigli, mattini più tersi ispiravano la trama del nuovo. Offrii lealtà e codardia e quanto di umano possibile, posai un libro da due soldi sopra una tavola pesante imbellita di regime. Dedussi, infine, l'eterna mia incapacità di sottrarmi al mero simbolismo.
(il ritorno). Non seppi come, non ricordo quando. Fu forse l'unico atto non conservatore, il mio ritorno. Porsi la testa alla sua robusta spalla che mi accolse sconfitto, era la profondità dei suoi occhi che imparai a vedere dietro una lacrima ancora, lenta, tra le rughe che la spandevano.